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domenica 24 marzo 2024

LA CHIESA CHE VIVRÀ

 



 

Vivrà la Chiesa dei piccoli passi fatti in tempo reale e senza inutili e dannosi ritardi.

Vivrà la Chiesa formata al rispetto di ogni vissuto concreto delle persone reali.

Vivrà la Chiesa capace di onorare tutti gli uomini e donne senza mai ridurli a una immagine stereotipata e mortificante per accogliere l’umanità nella sua interezza, complessità e ambiguità.

Vivrà la Chiesa della fede modesta capace di generare la piena fiducia nella libertà di ogni persona senza temere i fallimenti possibili di una vita.

Vivrà la Chiesa della compagnia nei cammini di umanità capace di grandi silenzi per far liberare una parola vera che guarisce.

Vivrà la Chiesa dell’integrazione di ogni razza, di ogni colore, di ogni lingua, di ogni cultura, di ogni percezione in umanità.

Vivrà la Chiesa che sa riconoscere modi diversi di vivere le alleanze tra persone senza sentirsi obbligati ad approvare o in dovere di disapprovare.

Vivrà la Chiesa dell’intelligenza del cuore con cui si cercano di capire i nuovi linguaggi, i nuovi alfabeti e i nuovi mutismi con sentimenti di venerazione del mistero dell’altro e nella consapevolezza che ciò che non si capisce comunque esiste.

Vivrà la Chiesa delle piccole cose, delle piccole comunità, dei mezzi semplici, della marginalità e della modestia gioiosa.

Vivrà la Chiesa capace di spalancare la porta dell’ammirazione per i semi di Vangelo presenti, nelle parole, nei gesti e nelle scelte dei nostri fratelli e sorelle in umanità per continuare ad abbattere “le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata” (Misericordiae Vultus 4).

Vivrà la Chiesa sempre meno romana e sempre più cattolica, apostolica ed escatologica.

 

Fonte: Fratel MichaelDavide, La Chiesa che morirà. L’arte di raccogliere i frammenti per impastare nuovo pane, San Paolo, Cinisello Balsamo 2023, pp.137-138.

venerdì 22 marzo 2024

DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE (B) 24 Marzo 2024

 



 

 

Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1 – 15,47

 

Gesù agonizzante attribuisce a sé la preghiera di lamentazione del Sal 21 riprendendone le prime battute, che noi ripetiamo oggi come ritornello del salmo responsoriale: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Questo salmo è un testo di grande desolazione, segnato da immagini forti prettamente orientali. L’orante, immerso nella sofferenza e vicino alla morte, sente il silenzio di Dio e l’ostilità degli uomini. Ma all’improvviso, la supplica diventa fiduciosa attesa dell’aiuto di Dio e poi ringraziamento festoso al Signore, re dell’universo. All’inizio della settimana di passione, questa preghiera ci introduce adeguatamente nella celebrazione del mistero pasquale di Gesù, che va dalla morte alla vita, dal sepolcro alla risurrezione.

 

L’Unto del Signore, il Messia che è stato accolto dalle folle di Gerusalemme osannanti è quello stesso Gesù che, pochi giorni dopo, è stato consegnato ai suoi nemici e messo in croce. I due momenti non sono dissociabili, come non lo sono il momento della morte in croce e quello della risurrezione. 

 

La prima lettura ci proietta dall’esperienza dolorosa e personale del profeta alla sofferenza redentrice di Cristo, narrata da san Marco nel lungo brano evangelico odierno con uno stile scarno e plastico e con particolari accentuazioni del carattere drammatico e sconcertante della passione di Gesù. Il racconto della passione viene interpretato come il compimento della missione storica di Gesù. Tutto il vangelo di san Marco è orientato alla passione di Gesù, a tal punto che qualcuno ha detto che questo vangelo è un racconto della passione con una lunga introduzione. Con grande consapevolezza e libertà, Gesù percorre il cammino della sua vita che ha come traguardo la morte in croce. La sua passione il Signore esteriormente l’ha subita, ma interiormente e volontariamente l’ha presa su di sé. Per lui la morte in croce non è un incidente inatteso, è una vera scelta. Questa libertà sovrana di Gesù è espressione della sua obbedienza totale al Padre. È ciò che ricorda san Paolo nella seconda lettura: “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. 

 

Le ultime parole di Gesù sono quelle drammatiche con cui inizia il Sal 21: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Noi sappiamo che non ci sono salmi di disperazione né salmisti che credono in un vero abbandono di Dio; anzi, i salmi che esprimono la preghiera di un sofferente sono sempre colmi di fiducia, di fede e speranza. Qui è il Figlio che si lamenta e si abbandona al Padre. Come nel Getsemani, l’angoscia lo attanaglia, e come là chiede aiuto al Padre. È una invocazione a Dio in forma di domanda che avrà una risposta solo dopo la morte di Gesù. Il centurione che gli sta di fronte, vistolo spirare in quel modo, esclama: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”. Non sappiamo cosa il centurione pagano abbia potuto capire; nelle sue parole noi riconosciamo l’atto di fede della comunità cristiana. È lì e in quel momento che paradossalmente si rivela la vera identità di Gesù, e si verifica l’autenticità della fede cristiana. In questa scena si riassume quindi il percorso interiore che san Marco propone ai lettori del suo vangelo. Solo chi segue Gesù fino al luogo della crocifissione è in grado di riconoscerlo e proclamarlo Figlio di Dio. La croce è il vertice della rivelazione di Dio. È nel dono totale di Cristo che Dio rivela il suo amore gratuito e la strada della salvezza per ciascuno di noi.




domenica 17 marzo 2024

LITURGIA DEL FUTURO

 



 

Rivista Credere oggi, Anno XLIII, n. 3 maggio – giugno, n. 255: “Liturgia del futuro”.

Una liturgia che non parla più (Franco Garelli)

La relazione tra liturgia e ars celebrandi (Elena Massimi)

La rubrica come “non verbale”: una rivoluzione (Andrea Grillo)

La cura della forma rituale (Loris Della Pietra)

La potenza del simbolo. Il simbolo e la sua potenza (Maria Cristina Bartolomei)

Ripensare un passato recente: Casel e Guardini (Cyprian Krause)

Le lingue parlate e l’universalità complessa (Claudio Ubaldo Cortoni)

La discontinuità intorno alla “partecipazione attiva” (Donata Horak)

Un piccolo cantiere liturgico in rete (Ermanno Genre)

 

venerdì 15 marzo 2024

DOMENICA V DI QUARESIMA (B) – 17 Marzo 2024

 



 

 

Ger 31,31-34; Sal 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33

 

Vicini ormai alla celebrazione della Pasqua, la tematica di questa domenica quaresimale ci propone il mistero di Cristo che, morendo sulla croce, diventa principio di salvezza per tutti. È Gesù stesso a rivelare il senso salvifico della sua morte (cf. vangelo). Alcuni greci venuti a Gerusalemme per la festa della Pasqua esprimono il desiderio di vedere Gesù. Si tratta di uomini che, pur non appartenendo al popolo d’Israele, sono timorati di Dio e cercatori sinceri della verità. Il loro desiderio non è una semplice curiosità, non si esaurisce in un semplice vedere, ma è un desiderio di conoscere e di credere. Questi greci vengono presentati dall’evangelista come personaggi emblematici, che rappresentano in qualche modo tutti coloro che cercano Gesù. Così viene interpretato dallo stesso Gesù che, vedendo in questi greci il primo frutto della sua passione, si dilunga in un discorso sulla sua imminente morte concluso con queste parole: “Io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. E l’evangelista aggiunge: “Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”. Per mezzo di Gesù, l’uomo che si era allontanato da Dio ritorna a lui. All’antica alleanza ristretta al popolo d’Israele, succede la nuova e definitiva alleanza aperta a tutti i popoli.

 

Questa “alleanza nuova” è annunciata nel secolo VI a.C. dal profeta Geremia in una pagina che è uno dei vertici dell’Antico Testamento, proposta oggi come prima lettura. È la sola ed unica volta che una tale espressione ricorre nelle pagine dell’Antico Testamento. Tre sono i tratti caratteristici di questa nuova alleanza: l’interiorità (“porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”); poi la spontaneità della relazione con Dio (“tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande”). Infine, il perdono del peccato che ha reso precaria l’antica alleanza (“perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato”). La nuova alleanza è scritta nel cuore. La morte di Gesù in croce ci insegna che Dio scrive la sua legge nel cuore dell’uomo amandolo fino all’estremo. L’amore, infatti, si impone non con la minaccia della punizione ma con la dolcezza del desiderio.

 

Il breve brano della lettera agli Ebrei, proposto come seconda lettura, illustra la stessa dottrina riscontrata nelle altre letture bibliche. Il dono della nuova alleanza è fatto persona in Gesù. Nella solidarietà e fedeltà, vissute nella forma estrema in un contesto di sofferenza mortale, Cristo diventa “causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. In altre parole, nel dono totale di sé al Padre Gesù sancisce la nuova ed eterna alleanza, diventa quindi il perfetto mediatore tra Dio e gli uomini. La croce ci insegna che l’efficacia della nostra vita è direttamente proporzionale alla capacità di dimenticare noi stessi. Nel mistero pasquale di morte e risurrezione si manifesta l’amore i Dio e si stabilisce l’alleanza nuova, che l’eucaristia continuamente ripresenta e realizza per noi.

domenica 10 marzo 2024

L’ALFABETO DI DIO



 

Gianfranco Ravasi, L’alfabeto di Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo 2023. 319 pp. (€ 20,00).

 

Santa Teresa di Gesù Bambino confessava: “Se io fosse stata prete, avrei studiato a fondo l’ebraico e il greco per conoscere il pensiero divino nella forma in cui Dio si è degnato di esprimerla nel nostro linguaggio umano”.

Il cardinale Gianfranco Ravasi ci prende per mano e con la consueta maestria ci guida nella conoscenza meditata e profonda delle parole bibliche su cui si fonda la nostra fede.

 

(Quarta di copertina)

  

venerdì 8 marzo 2024

DOMENICA IV DI QUARESIMA (B) “Laetare”– 10 Marzo 2024

 



 

 

2Cr 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

 

Nei testi biblici di questa domenica si contrappongono il peccato dell’uomo e l’amore di Dio. Il Sal 136 è una meravigliosa e drammatica preghiera di lamentazione innalzata dagli ebrei esuli lungo i canali di Babilonia dopo la distruzione di Gerusalemme alla fine del VI secolo a.C. Questo testo esprime il dramma di tutto un popolo sradicato dalla sua terra e strappato ai suoi affetti più cari. La disperazione dell’esilio è controbilanciata dalla speranza del ritorno a Gerusalemme. Così come Babilonia è la personificazione della potenza del male, Gerusalemme rappresenta la patria definitiva in cui ogni lacrima sarà asciugata. Quella che fu esperienza d’Israele diventa drammaticamente esperienza di ciascuno di noi. Ma Cristo non ci ha abbandonato in balia del nostro peccato; con la sua vittoria sulla morte ha dato a tutti noi la possibilità di ritrovare il paradiso perduto. Il ricordo di questo evento è la nostra gioia.

 

La Pasqua ormai vicina, la Chiesa ci invita alla gioia (cf. antifona d’ingresso). Infatti, il Figlio dell’uomo è stato innalzato in croce, dice il brano evangelico, affinché chiunque crede in lui, abbia la vita eterna. Per far capire che cosa vuol dire credere nel Figlio dell’uomo, l’odierno brano del vangelo di Giovanni rimanda alla storia del popolo d’Israele che nel cammino del deserto si era ribellato contro Mosè e contro lo stesso Dio, per cui molti furono puniti con i morsi di serpenti velenosi e morirono. Avendo però gli israeliti riconosciuto il loro peccato, Dio promette che chiunque, morso dai serpenti, guarderà il serpente di rame collocato sopra un’asta, resterà in vita. La storia di Israele va interpretata come un messaggio profetico nel suo aspetto di severo giudizio sull’infedeltà del popolo e nel suo aspetto di accorato invito al pentimento fondato sulla fedeltà incondizionata di Dio. Il serpente innalzato da Mosè nel deserto è una prefigurazione di Gesù innalzato sulla croce. Il serpente di rame salvava perché presupponeva la fede nella parola di Dio che promette la salvezza. In modo analogo Gesù morto in croce è fonte di salvezza per chiunque vi riconosce la rivelazione dell’amore di Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna” (canto al vangelo).

 

Alla nostra infedeltà e al nostro peccato si contrappongono la fedeltà e l’amore misericordioso di Dio. Al peccato che conduce l’uomo alla schiavitù e alla morte si contrappone l’amore di Dio che dona liberazione e salvezza. La prima lettura illustra lo stesso concetto: al peccato d’Israele che gli ha meritato la punizione della deportazione in Babilonia, si contrappone l’amore di Dio che, fedele alla sua parola, libera il suo popolo dall’oppressione e lo riconduce a Gerusalemme. La nostra salvezza non è fondata sui nostri meriti, ma sull’infinita ricchezza della misericordia di Dio. È ciò che ricorda san Paolo ai primi cristiani di Efeso: la salvezza “non viene da voi, ma è dono di Dio” (cf. seconda lettura). E tutto ciò, aggiunge l’Apostolo, trova pieno compimento in Cristo Gesù: “da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo”. L’ultima parola di Dio non è la morte ma la vita.

 

Quando si parla di “colpa” o di peccato si ha a che fare con il compimento o il fallimento di una esistenza: solo chi ha forte il senso della dignità dell’uomo davanti a Dio, del suo destino eterno, è capace di percepire quanto grande sia la tragedia del peccato. Paradossalmente però il peccato rivela chi è Dio: quanto più profondo è il rifiuto dell’uomo, tanto più grande appare l’abisso dell’amore divino, che la croce mostra in tutta la sua concretezza e veracità.

domenica 3 marzo 2024

L’EVOLUZIONE DEL MESSALE ROMANO DI PAOLO VI

 



 

Maurizio Barba, Il Messale Romano. Sviluppi dopo la terza edizione emendata (Theologia Uxentina 11), Edizioni Viverein, Roma 2023. 412 pp. (€ 20,00).

 

Cap. I. Il Giubileo d’oro del Messale Romano di Paolo VI: Da una lettura retrospettiva ad una riflessione in prospettiva.

Cap. II. La lavanda dei piedi.

Cap. III. Santa Maria Maddalena: prima testimone della risurrezione.

Cap. IV. La memoria di Maria Madre della Chiesa.

Cap. V. L’inserimento nel Calendario romano generale della memoria di santa Faustina Kowalska.

Cap. VI. La celebrazione della Beata Vergine Maria di Loreto nel culto della Chiesa universale.

Cap. VII. La memoria di san Paolo VI Papa nel ciclo eortologico della Chiesa.

Cap. VIII. L’iscrizione di nuove memorie dei santi Dottori della Chiesa nel Calendario romano.

Cap. IX. La memoria degli Hospites Domini di Betania nel Calendario romano generale.

Cap. X. Interazioni tra il Calendario romano generale e i Calendari propri: quali ambiti di attuazione delle tradizioni delle Chiese locali?

Indici biblico, dei nomi, generale.