Translate

domenica 20 marzo 2016

LA LAVANDA DEI PIEDI


Era scontato che il rito della lavanda dei piedi del prossimo Giovedì Santo avrebbe attirato l’attenzione di molti dopo l’apertura del gesto rituale a tutti i membri del popolo di Dio, comprese naturalmente le donne (Decreto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti del 6 gennaio 2016). Un decreto chiaro e semplice che cambia una rubrica del Messale è stato sottomesso a interpretazioni di parte, ideologiche e a polemiche inutili. Vedi ad esempio:

http://it.aleteia.org/2016/03/16/card-sarah-i-sacerdoti-non-sono-tenuti-a-lavare-i-piedi-alle-donne-il-giovedi-santo/
 A me  è parso più utile segnalare il volumetto di François Nault (La Lavanda dei piedi. Un “sacramento” [Liturgia e vita], Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose 2012) sul significato “eversivo” della lavanda dei piedi. Il libro merita di essere letto con attenzione. Perché eversivo? E’ il gesto rituale che manifesta la subordinazione di ogni rito alla relazione etica. La lavanda dei piedi può allora essere a ragione definita un “sacramento”, poiché sovverte l’ordine sacramentale, del quale afferma al contempo la necessità e l’insufficienza. E’ “il rito della crisi del rito”.

Dopo che nel 1956 l’Ordo della Settimana Santa inserì “ad libitum” la lavanda dei piedi all’interno della messa del Giovedì santo, il rito nella prassi delle parrocchie non ebbe molta fortuna; era considerato da alcuni un gesto estraneo alla nostra civiltà e fu oggetto di modifiche bizzarre: viene citato, ad esempio, il caso di un prete tedesco che aveva deciso di lucidare le scarpe di dodici uomini della sua parrocchia durante la liturgia del Giovedì santo!

Se nell’ambito propriamente liturgico la lavanda non ebbe grande fortuna. Ci sono state iniziative che possiamo chiamare “paraliturgiche”, di grande spessore simbolico, come quella delle Comunità dell’Arca.

Le Comunità dell’Arca, fondate dal canadese Jean Vanier, sono costituite ognuna da una o più case dove sono accolti i disabili. Il fondatore (nel suo libro La lavanda dei piedi. Lo scandalo di amare fino alla fine, Bologna 1997) descrive la lavanda dei piedi così come viene praticata all’Arca e fa emergere il significato di questo gesto “paraliturgico”. La lavanda viene ripetuta in tutte le case dell’Arca, secondo un modo di procedere di cui Vanier illustra i momenti chiave: Dopo un canto, il responsabile legge il testo di Giovanni (13,1-15). Poi si mette in ginocchio, lava i piedi della persona alla sua destra e li asciuga con rispetto e tenerezza. Quando ha terminato, colui o colei  a cui sono stati lavati i piedi pone le sue mani sulla testa di chi li ha lavati e prega in silenzio per alcuni istanti; è un gesto che esprime la riconoscenza e il desiderio di vivere la comunione dei cuori. Il responsabile ritorna al suo posto. Tocca a chi ha ricevuto la lavanda mettersi in ginocchio e lavare i piedi del suo vicino di destra. Si continua in silenzio finché a tutti sono stati lavati i piedi e tutti hanno lavato i piedi del vicino. Alla fine di questa “paraliturgia” si prendono per mano e recitano insieme il padrenostro.