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domenica 21 maggio 2017

LA RIFORMA DELL’ORDINARIO DELLA MESSA SECONDO SACROSANCTUM CONCILIUM


 
 

Come promesso, in questo post rispondo alla domanda rivoltami da un Anonimo il 20 maggio 2017, ore 23:37: “Quali sono, a suo avviso, i punti in cui il messale detto di san Pio V necessita di riforme? Come si dovrebbero realizzare, nel concreto, tali riforme?”
 
Per rispondere a questa domanda (mi limito all’ordinario della messa), abbiamo come punto di riferimento la Costituzione Sacrosanctum Concilium (SC). Credo che tutti possiamo essere d’accordo sul fatto che questa Costituzione è stata promulgata “affinché il sacrificio della messa raggiunga la sua piena efficacia pastorale anche nella forma rituale” (SC 49). Per raggiungere tale scopo, il Concilio “stabilisce quanto segue” (SC 49). Ciò significa che quanto segue (nel documento) deve applicarsi al Messale in quel momento in vigore, nello specifico si tratta del Missale Romanum del 1962.
 
Nel n. 50 di SC, si chiede la  revisione dell’ordinario della messa. Al riguardo si stabilisce che: 1) “appaia più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione”. Un esempio, al riguardo, potrebbe essere l’offertorio che anticipa in alcune delle sue preghiere ciò che è proprio del canone della messa. 2) Si stabilisce anche che “sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli”. Esempi possono essere, oltre all’atteggiamento spirituale prioritario: collocare gli altari non troppo lontani dall’aula; un maggior uso della lingua parlata; più interventi con risposte e canti sia del coro che dell’assemblea… Per raggiungere tutto ciò, 3) si stabilisce che “i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati”: un piccolo esempio è la formula per la distribuzione della comunione che alcuni Padri chiesero di ridurla all’espressione: “Corpus Christi. R/ Amen”; 4) “si sopprimano quegli elementi che col passar dei secoli furono duplicati o aggiunti senza grande utilità”: un esempio potrebbe essere la soppressione della lettura del prologo del Vangelo di Giovanni, presente ancora nel Messale del 1962. Poi, 5) “alcuni elementi che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti…”: un esempio potrebbe essere il ripristino della “preghiera universale o dei fedeli”, di cui parla SC 53. Noto che i paragrafi 4) e 5) presuppongo naturalmente un giudizio storico. L’applicazione concreta di queste norme è stato il compito della Commissione ad hoc nominata dal Papa; questa Commissione ricevette i numerosi interventi dei Padri conciliari su questo numero. Al riguardo, si può consultare il volume a cura di Francisco Gil Hellín (Concilii Vaticani II Synopsis. Constitutio de sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, Editrice Vaticana 2003).
 
Nei numeri seguenti della SC, si stabilisce: che “in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della Sacra Scrittura” (SC 51); si esalta l’importanza dell’omelia da non trascurare nelle domeniche e giorni festivi (SC 52); si raccomanda la comunione sotto le due specie (SC 55); viene ripristinata la concelebrazione eucaristica (SC 57-58).
 
A tutto ciò si dovrebbe aggiungere quanto stabilito nel cap. I della SC sui “principi generali per la riforma della liturgia”. Noto, ad esempio, l’importante n. 21, in cui si afferma che “la Chiesa desidera fare una accurata riforma generale della liturgia. Questa infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare…” Poi, nel n. 34, si afferma che i riti devono splendere per “nobile semplicità”, evitare “inutili ripetizioni” e “siano adatti alla capacità di comprensione dei fedeli”. Tra le inutili ripetizioni del Messale del 1962, si possono indicare i ripetuti Dominus vobiscum…  Ho indicato solo alcuni esempi; si potrebbero citare altri.
 
Con quanto detto sinteticamente, posso riaffermare che il Messale del 1962, per volontà del Concilio Vaticano II, doveva essere riformato. Naturalmente le decisioni conciliari possono essere interpretate in modo più o meno minimalista o più o meno massimalista. Credo però che non si possa negare la vastità e profondità della riforma proposta da SC. Oggi è di modo in alcuni ambienti tradizionalisti affermare che la riforma di Paolo VI è andata oltre la lettera della Costituzione liturgica. Il Card. Sarah invita a riprendere la Costituzione Sacrosanctum Concilium e leggerla onestamente. E’ un modo “soft” di rifiutare la riforma. Invece altri, come il teologo Brunero Gherardini, hanno il coraggio di criticare la stessa Costituzione, si sono resi conto che essa apre veramente la porta ad una riforma in profondità (vedi quanto afferma il Gherardini nel suo volume Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, Frigento 2009, in particolare pp. 144-145).
 
Più volte si è parlato del Messale Romano Latino-Italiano del 1965 come del Messale con la traduzione e l’adattamento della Messa, secondo il dettato del Concilio Vaticano II. Questo Messale, si dice, fu accettato pacificamente da tutti i tradizionalisti. Noto però che a parte la scomparsa del salmo 42 all’inizio della Messa e qualche altra piccola modifica, il testo è sostanzialmente quello del Messale del 1962, anteriore al Vaticano II.
 
Quale autorità "giuridica" ha questo Messale? Il titolo completo del Messale è Messale Romano Latino-Italiano per i giorni feriali e le feste. Si tratta di una edizione del Messale Romano quotidiano di Dom G. Lefebvre o.s.b., a cura dell’Apostolato Liturgico di Genova. L’edizione è stata "autorizzata" dalla Conferenza Episcopale Italiana. L’Imprimatur del Messale però è firmato il 24 giugno 1965 dal vescovo di Casale Monferrato Giuseppe Angrisani, città dove ha la sede l’Editrice Marietti che ha stampato il volume. Il Messale è stato pubblicato senza alcun Decreto della CEI. Si noti poi che la pubblicazione delle diverse edizioni tipiche dei libri liturgici della Liturgia Romana sono competenza della Santa Sede e le diverse edizioni sono introdotte da un Decreto della Congregazione del culto divino (o prima: della Sacra Congregazione dei Riti).  
 
Da quanto detto, è evidente che il Messale del 1965 non forma parte della storia del Missale Romanum, che ha conosciuto dopo l’edizione tipica di Pio V nel 1570 altre diverse edizioni tipiche.
 
 
M. A.