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sabato 1 luglio 2017

LA CONCELEBRAZIONE NEI GOLLEGI ROMANI



Roberto de Mattei nel suo blog Corrispondenza Romana (28.06.2017) ha pubblicato un post dal titolo: “Francesco impone la concelebrazione nei collegi romani”. Ecco il testo:
In Vaticano corre questa voce. A un collaboratore che gli ha chiesto se sia vero che esista una commissione per “reinterpretare” la Humanae vitae, papa Francesco avrebbe risposto: «Non è una commissione, è un gruppo di lavoro» Non si tratta solo di artifici linguistici per nascondere la verità, ma giochi di parole che rivelano come il culto della contraddizione sia l’essenza di questo pontificato. Mons. Gilfredo Marengo, coordinatore del “gruppo di lavoro”, riassume bene questa filosofia, quando afferma che bisogna sfuggire al «gioco polemico pillola sì – pillola no, così come a quello odierno comunione ai divorziati sì  comunione ai divorziati no» (Vaticaninsider, 23 marzo 2017).
Questa premessa è necessaria per presentare un nuovo documento confidenziale, risultato, anch’esso, di un altro “gruppo di lavoro”. E’ il working paper della Congregazione del Clero Sulla concelebrazione nei collegi sacerdotali di Roma, che circola in maniera riservata nei collegi e seminari romani. Ciò che da questo testo emerge con chiarezza è che papa Francesco vuole imporre, di fatto, se non di principio la concelebrazione eucaristica nei collegi e nei seminari romani, affermando che «la celebrazione comunitaria deve essere sempre preferita a quella individuale».
Il motivo di questa decisione emerge dal documento. Roma non è solo la sede della Cattedra di Pietro e il cuore della Cristianità, ma è anche il luogo in cui sacerdoti e seminaristi di tutto il mondo convergono per acquisire quella venerazione verso la fede, i riti e le tradizioni della Chiesa, che una volta si chiamava “spirito romano”.
La permanenza a Roma, che aiutava a sviluppare l’amore alla Tradizione della Chiesa, oggi offre l’opportunità di una “rieducazione” dottrinale e liturgica a chi vuole “riformare” la Chiesa secondo le direttive di papa Bergoglio. La vita nei collegi romani – afferma infatti il working paper – offre l’occasione «per vivere allo stesso tempo un periodo intenso di formazione permanente integrale». 
Il documento si richiama esplicitamente a un recente discorso ai sacerdoti che studiano a Roma, in cui Papa Francesco ha ricordato l’importanza ecclesiale della concelebrazione nel contesto delle comunità dei sacerdoti studenti: «Si tratta di una sfida permanente per superare l’individualismo e vivere la diversità come un dono, cercando l’unità del presbiterio, che è segno della presenza di Dio nella vita della comunità. Il presbiterio che non mantiene l’unità, di fatto, scaccia Dio dalla propria testimonianza. Non testimonia la presenza di Dio. Lo manda fuori. In tal modo, riuniti nel nome del Signore, specialmente quando celebrate l’Eucarestia, manifestate anche sacramentalmente che Lui è l’amore del vostro cuore» (Discorso del 1 aprile 2017).
Alla luce di questa dottrina, il working paper della Congregazione per il Clero, ribadisce che «è da preferire la Messa concelebrata rispetto alla celebrazione individuale» (grassetto nell’originale, anche nelle citazioni che seguono).
«Pertanto i Superiori sono vivamente invitati a incoraggiare la Concelebrazione, anche più volte al giorno, nelle grandi comunità presbiterali. Di conseguenza si possono prevedere nei Collegi varie concelebrazioni, in modo che i presbiteri residenti in essi vi possano partecipare secondo le proprie esigenze, avendo cura dì stabilire due o tre momenti lungo la giornata».
«In effetti, i rapporti quotidiani, condivisi ogni giorno e per anni nello stesso Collegio Romano, sono un’esperienza importante nella traiettoria vocazionale di ciascun sacerdote. Tramite questa mediazione, infatti, si stabiliscono vincoli di fraternità e di comunione tra presbiteri di diverse diocesi e nazioni che trovano un’espressione sacramentale nella concelebrazione eucaristica».
«Certamente, l’allontanarsi dalla propria diocesi d’incardinazione e dalla missione pastorale durante un tempo abbastanza lungo garantisce non soltanto la preparazione intellettuale, ma soprattutto offre l’occasione per vivere allo stesso tempo un periodo intenso di formazione permanente integrale. In quest’ottica la vita comune dei Collegi sacerdotali offre questa modalità della fraternità presbiterale, probabilmente nuova rispetto al passato. L’esperienza del Collegio rappresenta un’opportunità per una fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia da parte dei sacerdoti. Pertanto, la pratica della Concelebrazione eucaristica quotidiana nei Collegi può diventare un’occasione di approfondimento della vita spirituale dei sacerdoti, con importanti frutti, come: l’espressione della comunione tra i presbiteri delle diverse Chiese particolari, che è manifestata particolarmente quando i Vescovi delle diverse diocesi presiedono la concelebrazione in occasione delle visite a Roma; l’opportunità di ascoltare l’omelia tenuta da un altro confratello; la celebrazione curata, e anche solenne, dell’Eucaristia quotidiana, l’approfondimento della devozione eucaristica che ogni  sacerdote deve coltivare, al di là della stessa celebrazione».
Tra le norme pratiche che vengono indicate, si legge: «È raccomandabile che i sacerdoti possano partecipare ordinariamente alla Concelebrazione eucaristica negli orari previsti nel Collegio, preferendo sempre la celebrazione comunitaria a quella individuale. In tal senso, i Collegi con un nutrito numero di sacerdoti ospiti potrebbero stabilire la Concelebrazione Eucaristica in 2 o 3 orari diversi della giornata, in modo da permettere a ciascuno di partecipare secondo le proprie esigenze personali, accademiche o pastorali».
«Se i sacerdoti residenti nel Collegio per circostanze particolari non possono partecipare alla Concelebrazione negli orari previsti, devono preferire sempre il celebrare insieme in un altro orario più conveniente».
La violazione del canone 902, secondo cui i sacerdoti «possono concelebrare l’Eucaristia, rimanendo tuttavia intatta per i singoli la libertà di celebrarla in modo individuale», è palese e reiterata in due passi del testo, con la conseguenza che i collegi che applicheranno alla lettera il working paper violeranno la legge universale vigente. Ma al di là delle considerazioni giuridiche, ve ne sono altre di natura teologica e spirituale.
Il 5 marzo 2012, in occasione della presentazione del libro di mons. Guillaume Derville, La concelebrazione eucaristica. Dal simbolo alla realtà (Wilson & Lafleur, Montréal 2012), il cardinale Antonio Cañizares, allora prefetto della Congregazione per il Culto Divino, sottolineò la necessità di “moderare” la concelebrazione, facendo proprie le parole di Benedetto XVI: «raccomando ai sacerdoti la celebrazione quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli. Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione» (Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis, n. 80).
La dottrina cattolica vede infatti nella Santa Messa il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce. La moltiplicazione delle Messe rende la maggior gloria a Dio ed è un immenso bene per le anime. «Se ogni Messa ha in se stessa un valore infinito – scrive il Padre Joseph de Sainte-Marie –, le disposizioni degli uomini per riceverne i frutti sono sempre imperfette e, in questo senso, limitate. Da qui l’importanza del numero delle celebrazioni delle Messe per moltiplicare i frutti della salvezza. Sostenuta da questo ragionamento teologico elementare ma sufficiente, la fecondità salvifica della moltiplicazione delle Messe è inoltre provata dalla pratica liturgica della Chiesa e dall’atteggiamento del Magistero. Di questa fecondità la Chiesa – la storia lo insegna – ha preso progressivamente coscienza nel corso dei secoli, promuovendo la pratica e poi incoraggiando ufficialmente sempre più la moltiplicazione delle Messe» (L’Eucharistie, salut du monde, Dominique Martin Morin, Parigi 1982, pp. 457-458).
Per i neo-modernisti la Messa si riduce ad un’assemblea, tanto più significativa quanto maggiore è il numero dei sacerdoti e dei fedeli che ad essa partecipano. La concelebrazione è intesa come uno strumento per far perdere lentamente al Sacerdote la coscienza del suo essere e della sua missione, che è unicamente la celebrazione del sacrificio eucaristico e la salvezza delle anime.
Ma la diminuzione delle Messe e la perdita della retta concezione della Messa è una delle principali cause della crisi religiosa del nostro tempo. Ora anche la Congregazione per il Clero, per volere di papa Bergoglio, porta il suo contributo a questo smantellamento della fede cattolica.

QUALCHE OSSERVAZIONE:
Che la celebrazione comunitaria, in particolare quella della Messa, sia da preferirsi a quella individuale, è un principio stabilito dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium n. 27.
In passato, prima del Vaticano II, nei Collegi romani dove erano numerosi i giovani sacerdoti, ogni mattina contemporaneamente ciascuno di noi celebrava in un altare, talvolta fatiscente, da solo o, i più fortunati, accompagnati da un seminarista o confratello laico. Non era uno spettacolo degno dell’Eucaristia.
La S. Congregazione dei Riti nell’Istruzione Eucharisticum Mysterium, nel n. 47, afferma che per mezzo della concelebrazione eucaristica si manifesta nel modo più opportuno “l’unità del sacrificio e del sacerdozio”; la concelebrazione inoltre “esprime e consolida i vincoli fraterni dei presbiteri”.
C’è in giro un certo individualismo, tipico del nostro tempo, che potrebbe portare a preferire la celebrazione individuale e quasi privata, anche se supportata da motivazioni di pietà e devozioni personali... 
De Mattei scrive: «Se ogni Messa ha in se stessa un valore infinito – scrive il Padre Joseph de Sainte-Marie –, le disposizioni degli uomini per riceverne i frutti sono sempre imperfette e, in questo senso, limitate. Da qui l’importanza del numero delle celebrazioni delle Messe per moltiplicare i frutti della salvezza…» Questa visione “quantitativa” delle Messe è fuorviante: nel caso della concelebrazione, nulla cambia se 10 sacerdoti celebrano individualmente o lo fanno insieme in una concelebrazione. 

Matias Augé