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martedì 4 luglio 2017

“SUMMORUM PONTIFICUM” (2007-2017)




Dieci anni fa, il 7 luglio del 2007, Benedetto XVI pubblicava il Motu proprio Summorum Pontificum. Il primo articolo di questo documento recita:
«Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi” (“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano».

Nella lettera ai vescovi che accompagnava la pubblicazione del Motu proprio, il Pontefice affermava, tra l’altro, che il documento intendeva «giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa». Quindi il Motu proprio non doveva produrre nessuna divisione, anzi doveva promuovere la riconciliazione ecclesiale. Cosa è successo in questo decennio? La lettura dei libri pubblicati dagli uni e dagli altri nel decorso di questo decennio, i diversi blog che si occupano di liturgia, alcuni convegni promossi in questi anni dimostrano che siamo lontani dall’agognata riconciliazione.

A questo proposito, posso raccontare che agli inizi della entrata in vigore del Motu proprio, mi trovavo a Buenos Aires nel Convegno annuale promosso dai liturgisti argentini. Mi è stato raccontato da uno dei liturgisti partecipanti al convegno che l’arcivescovo, il card. Bergoglio, lo aveva chiamato per incaricargli la celebrazione della Messa domenicale in una chiesetta ad un gruppo, allora di una ventina di persone, che voleva celebrare con la forma straordinaria. Il suddetto liturgista, un po’ perplesso, disse al arcivescovo che lui non era d’accordo con questi gruppi. La risposta del cardinale fu chiara: “Lo dico a lei perché se do l’incarico ad un sacerdote che è d’accordo con questi gruppi, mi divide la diocesi”.

M.  Augé