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domenica 25 febbraio 2018

UNA STRAORDINARIA DIVISIONE






Il Prof. Massimo Faggioli, che abbiamo citato più volte in questo blog, ha pubblicato ieri su La Croix International (24.02.2018) un breve articolo che pur riguardando anzitutto la situazione della liturgia nella Chiesa Cattolica degli Stati Uniti di America, è d’interesse per tutti noi (Extraordinary divisions. Why liturgy is so important to communion). Ecco, in sintesi, la sostanza dello scritto.

L’uso della “forma straordinaria” del rito romano è diventato negli USA la “forma ordinaria” della celebrazione per un considerevole gruppo di cattolici romani. Si è creato in questo modo una pericolosa polarizzazione. Secondo il Prof. Faggioli, troviamo due posizione contrapposte. Da una parte, coloro che augurano una ulteriore evoluzione della riforma liturgica: più inculturazione della liturgia; traduzione dinamica dei testi liturgici contrariamente a quanto prescrive Liturgiam authenticam (2001); decentralizzazione in ciò che riguarda l’ordinamento della liturgia. D’altra parte, ci sono coloro che pensano e dicono che la riforma liturgica del Vaticano II ha bisogno di essere ulteriormente riformata e hanno accolto con entusiasmo il motu proprio Summorum Pontificum (2007).

Alcuni teologi e liturgisti credono che ormai l’instaurazione di un certo “biritualismo” nella liturgia romana è un dato di fatto. L’innovazione che ha introdotto questa radicale discontinuità nella vita della Chiesa, è stata presentata all’insegna della continuità con la Chiesa del passato, un paradosso che non incomoda più i tradizionalisti.

Le discussioni tra i seguaci della riforma del Vaticano II ed i seguaci della forma straordinaria hanno ferito profondamente lo spirito di comunione tra i cattolici. Infatti, come diceva Congar, “la liturgia è il principale strumento della tradizione della Chiesa”, anzi è essa tessa la tradizione.

La polarizzazione del cattolicesimo americano è una malattia che inizia con le differenze politiche e conduce e coinvolge anche le differenze teologiche. Cerchiamo di non ammalarci anche noi.